I campi magnetici sono naturalmente presenti in natura, ma per usi terapeutici sono prodotti artificialmente per consentire diversi effetti terapeutici, come la riduzione del dolore, la riduzione dell’infiammazione e dell’edema, la riparazione tissutale ed il rilasciamento delle contratture.
Fisiologicamente, la magnetoterapia agisce al livello cellulare, repolarizzando le cellule e ribilanciando la permeabilità delle membrane cellulari, garantendo una più efficiente utilizzazione dell’ossigeno, indispensabile per una veloce guarigione.
Inoltre il campo magnetico generato, stimola la migrazione degli ioni calcio nel tessuto scheletrico, che è in grado di aumentare la massa ossea e di incoraggiare la riparazione delle fratture.
Gli studi più antichi sull’uso dei magneti come mezzi di cura sono presenti nel trattato di medicina dell’Atharvaveda. Comunque le forze magnetiche della natura non furono oggetto di ricerca fino agli inizi del 16° secolo, quando Paracelso con le sue ricerche intuì le potenzialità terapeutiche dei magneti.
Egli credeva, che ogni parte del corpo, se esposta ad un campo magnetico, sarebbe stata trattata più velocemente. Samuel Hanemann, il padre dell’omeopatia era fermamente convinto del potere dei magneti e raccomandava il loro uso terapeutico.
Michael Faraday, che condusse ricerche fondamentali sull’elettricità, fu il primo a studiare i campi magnetici ed a poggiare le fondamenta della bio-magnetica.
Solo nel 20° secolo però, l’interesse sugli usi terapeutici dei campi magnetici, crebbe esponenzialmente in tutto il mondo, fino ai giorni d’oggi, rappresentando un fondamentale strumento nella cura di molte patologie.
Esistono due modi di utilizzare i campi magnetici a fini terapeutici: